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>> La Chiesa di San Rocco

Sorgeva nell'omonima piazza, nella parte bassa del paese, e sui suoi resti l'arciprete, Don Raffaele Masi, si adoperò affinché venisse costruito un tempio sacrario per tutte le vittime del terremoto. Si apriva ai fedeli con tre portali d'ingresso cui corrispondevano tre navate ; le due laterali, più piccole, si affiancavano a quella centrale con un motivo a tre arcate e terminavano a circa tre quarti dalla navata principale per lasciar posto sul fondo, ai due lati dell'abside, al campanile e alla sacrestia.
Fu innalzata dopo la peste del 1656 come ringraziamento per lo scampato pericolo. Un'antico documento racconta: ''La cappella di San Rocco edificata nel tempo del passato contagio,dove è la statua di detto Santo e di Santo Vito, quale cappella non detiene nessuna rendita eccetto l'elemosina''.
Successivamente , sotto il giuspatronato dell'università, fu rifatta e ampliata nel 1773, come ricordava l'iscrizione sulla facciata. 
L'ultimo significativo rifacimento risaliva al 1952. 
L 'Altare maggiore era dedicato S.Rocco, mentre sulla navata destra erano collocati un'altare di S.Antonio ed una nicchia con statua di S.Gerardo; corrispondentemente sulla  navata sinistra c'erano, invece, l'altare dell'Incoronata e un quadro della Madonna di Pompei  donato da Attilio Pallante durante l'ultima guerra e racchiuso in una bella cornice intarsiata, opera del falegname morrese Mazza. 
Sulla navata centrale si fronteggiavano, destra altare di S.Vito con l'adiacente pulpito, sulla sinistra l'altare di San Francesco Saverio,sul quale uno stemma in gesso ricordava il giuspatronato dei principi Morra. Sul soffitto un dipinto,firmato Francesco de Ponte -1912 e voluto '' A devozione di Nicole Zuccardi'', raffigurava l'Incoronata con San Rocco e San Vito. 
Nel giorno dedicato al Santo patrono, il 23 agosto, questa chiesa diventava il centro del paese. Caratteristiche erano le''palommelle '' che i contadini confezionavano con la paglia per portarle in processione insieme a ceri colorati: nella stessa occasione floride  ragazze in costume portavano ''mazzetti'' di grano addobbati con tanti fiori a nastri da ricordare le code dei pavoni.
Ma era anche al centro della festa dell'Incoronata  la prima domenica di maggio, nonchè il 15 giugno ,dedicato a San Vito:nelle tre feste appena citate erano d'obbligo la banda musical ed i fuochi d'artificio,che mancavano invece il 13 giugno, festa solo religiosa dedicata a S.Antonio e i fondi erano raccolti con offerte in denaro o prodotti agricoli,per lo più grano per S.Rocco e ricotta e formaggi per S.Vito. Nella settimana precedente L'Incorona, e più precisamente il mercoledì, oltre alle consuete novene e frequente il pellegrinaggio al santuario foggiano, mentre in occasione della festa alcuni devoti usavano percorrere ginocchioni tutta la Chiesa di san Rocco baciando (e talvolta leccando!) per terra fino all'altare centrale, dove per l'occasione era stata spostata la statua della Madonna.
Il 13 giugno la statua di S.Antonio veniva portata in processione dalla Chiesa Madre fin giù S.Rocco; il giorno successivo vi veniva trasferita anche la statua di San Vito posta nella chiesa Madre; il 15, infine oltre alla benedizione degli animali, si invocava la protezione del suddetto Santo facendo tre giri intorno alla chiesa di San Rocco, in un colorito carosello di buoi,asini,pecore,maiali e ... cristiani. Per cui è rimasto in Morra il detto ''va a fare il giro intorno a San Vito ''. rivolto a colui che ha mangiato o bevuto un pò troppo. Il giorno 15 stesso le statue di San Vito e San Antonio venivano riportate in processione nella Chiesa Madre.
da notare che le statue di San Rocco, San Vito, San antonio,San Gerardo portate in processione erano sempre quelle della Chiesa Madre persistendo la convinzione popolare che muovere i corrispondenti santi dalla Chiesa di San Rocco sarebbe stato di un cattivo auspicio:credenza che traeva origine da qualche disastro capitato in passato subito dopo una processione e che trovò inopinata conferma nel primo dopoguerra quando l'arciprete Novia, tentando di superare questo superstizioso timore, s'imbatté in una rovinosa grandinata che provocò ingenti danni al paese ed alla campagna.
Il terremoto ha distrutto anche l'organo a mantici, posto sull'ingresso, che i bambini si divertivano ad azionare per le messe solenni.
Si indicano ancora oggi come''terre di San Rocco'' degli appezzamenti posti in contrada Viticeto: tra questi vi era un grosso ammasso calcareo (''La pietra di San Rocco'') usata anticamente come area per trebbiature e che divenne poi nel secolo scorso la cava da cui si ricavarono i blocchi per la guglia eretta al Santo nell'omonima piazza.
Sempre da un antico beneficio traggono il nome''Le terre e la macchia di San Vito'' poste nei pressi dell'Isca, in località Laganzano. 
Un documento del 14-12-1746 ci parla della nomina,da parte del vescovo Antonio Manerva ,a titolare del suddetto beneficio,del sacerdote  Aniello De Sanctis.


Tratto dal libro:CONTRIBUTI PER LA STORIA DI MORRA di Celestino Grassi 
 




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